

-I CLASSICI FANTASY PER RAGAZZI-
DANIELE BELLO
Esiodo
TEOGONIA
​
Parte II
(a cura di Daniele Bello)
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I figli di Teti e di Oceano: i fiumi (vv. 337-345)
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Teti generò i fiumi turbinosi ad Oceano:
Nilo, Alfeo, Eridano dai gorghi profondi,
Strimone, Meandro e Istro dalle belle correnti,
Fasi, Reso e Acheloo dai gorghi d’argento,340
Nesso, Rodio, Aliacmone e Eptaporo,
Granico, Asopo divino e Simoenta,
Peneio, Ermo dalla bella corrente e Caico,
Sangario il grande, Ladone e Partenio,
Evenio, Aldesco e il divino Scamandro.345
Le figlie di Teti e di Oceano: le Oceanine (vv.346-370)
Generò anche una sacra schiera di figlie,
che sulla terra si prendono cura degli uomini,
insieme ai fiumi e ad Apollo: tale destino hanno da Zeus:
Peito e Admete, Iante ed Elettra,
Dori e Primno e Urania divina,350
Ippo e Climene, Rodeia e Calliroe,
Zeuxo e Clitie, Iduia e Pasitoe,
Plexaure, Galaxaure e l’amabile Dione,
Meloosi, Toe e la bella Polidore,
Cerceide dalla bella figura e Pluto dagli occhi di bue,355
Persedie, Ianira, Acaste e Xante,
l’amabile Petrea, Menesto ed Europa,
Metis, Eurinome e Telesto dal peplo di croco,
Criseide, Asia e l’amabile Calipso,
Eudore, Tyche, Anfiro, Ociroe360
e Stige, la più illustre di tutte.
Queste sono le divine figlie di Oceano e Teti;
ma ce ne sono molte altre:
infatti le Oceanine dalle sottili caviglie sono tremila,
sono numerose e sparse in ogni dove,365
sulla terra o negli abissi del mare, radiosa prole divina.
Ed altrettanti sono i fiumi dalle rumorose correnti,
figli di Oceano e di Teti, la Signora.
E’ arduo per un mortale nominarli tutti,
ma chi ha dimora presso di loro li conosce.370
I figli di Teia e di Iperione (vv. 371-374)
Unita in amore con Iperione,
Teia generò il grande Elios (il Sole), la lucente Selene (la Luna)
ed Eos (l’Aurora), che risplende per i mortali
e per gli immortali, signori dell’ampio cielo.
I figli di Crio e di Euribia (vv. 375-377)
Divina tra le Dee, Euribia si unì in amore con Crio375
e generò Astreo grande e Pallante,
e Perse, che sovrasta su tutti per il suo sapere.
I figli di Eos e di Astreo (vv. 378-382)
Eos partorì ad Astreo i venti gagliardi:
lo splendente Zefiro, Borea dalla rapida corsa
e Noto: lei Dea, congiunta in amore con un nume.380
E dopo di loro, la dea del mattino diede alla luce l’astro Eosforo
e le splendenti Stelle, di cui il cielo è coronato.
I figli di Stige e di Pallante (vv. 383-403)
Stige, figlia di Oceano, unita in amore a Pallante,
generò Zelo e Nike dalle belle caviglie;
e generò Kratos e Bia, figli celebri,385
che non hanno mai dimora lontani da Zeus,
né mai si allontanano, se il nume non lo ordina,
ma stanno sempre vicini a Zeus, il signore della folgore.
Così infatti decise Stige, l'immortale Oceanina,
il giorno in cui l’Olimpio folgoratore390
chiamò sull’Olimpo gli Dei immortali, e promise
che non avrebbe privato degli onori
chi avesse combattuto i Titani
(gli avrebbe anzi conservato il retaggio tra i numi immortali).
E chi non aveva avuto onori da Crono,395
ne avrebbe avuti secondo giustizia.
Stige immortale fu la prima a giungere sull’Olimpo
insieme ai suoi figli, secondo il volere del padre.
E Zeus la onorò, le diede larghissimi doni,
fece sì che gli Dei giurassero in suo nome,400
e prese ad abitare con lui i suoi figli.
E così a tutti mantenne quanto aveva promesso;
egli ha sommo potere fra tutti e comanda.
I figli di Febe e di Ceo (vv. 404-410)
Febe ascese il dolcissimo letto di Ceo
e poi, per l’amore di un nume, concepì e generò405
Leto la dolce dal peplo azzurro,
benigna con gli uomini e con gli Dei immortali,
mite sin dalla nascita, dolcissima sull’Olimpo.
Generò anche l’illustre Asteria, che Perse
condusse nella sua grande casa, per farla sua sposa.410
Inno a Ecate (vv. 411-452)
Costei concepì e generò Ecate, che fra tutti
Zeus Cronide onorò e a cui diede illustri doni:
che potesse essere onorata sulla terra,
sul mare infecondo e anche nel cielo stellato;
dagli dei immortali è sommamente onorata.415
E infatti anche ora, quando qualcuno degli uomini
che abitano la terra fa sacrifici secondo le leggi,
invoca Ecate; e grande onore lo accompagna,
se la Dea benevola accoglie le sue preghiere;
a lui ricchezza concede, perché grande è il suo potere.420
Infatti, la Dea partecipa degli onori e dei privilegi
di quanti nacquero da Gaia e da Urano e ricevettero doni;
Il Cronide non la privò con violenza degli onori
che aveva ottenuto fra i Titani, i primi degli dei,
ma ella li possiede, come fu all’inizio della spartizione;425
né ricevette doni minori in quanto figlia unica:
ella ha molto potere in terra, nel cielo
e nel mare, perché Zeus le fa onore.
Ella sta vicino a chi vuole proteggere e molto gli giova;
nel tribunale siede presso i re rispettati430
e nell’assemblea tra le genti fa brillare i suoi protetti;
quando gli uomini si armano alla guerra assassina,
la Dea assiste, benigna, chi intende
onorare della vittoria e coprire di gloria;
benigna assiste anche i cavalieri, quando vuole;435
aiuta gli uomini quando gareggiano negli agoni:
la dea li assiste e li soccorre, sta presso di loro;
e chi con forza e vigore consegue vittoria, ottiene
bello il premio e copre di gloria la famiglia.
E quanti lavorano nel mare tempestoso440
invocano Ecate e il profondo tonante Ennosigeo:
con facilità la nobile Dea fornisce una preda abbondante,
o la porta via appena essa appare, se così vuole il suo cuore.
E con Hermes benigna nelle stalle fa crescere le greggi,
le schiere dei buoi e i branchi grandi di capre445
e i branchi di lanose pecore, se così vuole il suo cuore,
da piccoli li fa grandi e da molti li riduce a pochi.
Così, per quanto sia nata unigenita da sua madre,
fra tutti gli immortali è onorata di doni;
il Cronide la fece nutrice di giovani, i fedeli che videro450
con gli occhi la luce dell’aurora onniveggente.
Così fu, fin dall’inizio, nutrice di giovani e questi i suoi onori.
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I figli di Crono e di Rea (vv. 453-467)
Rea, congiunta a Crono, partorì illustri figli:
Istie, Demetra ed Era dagli aurei calzari,
il forte Ade che ha la dimora sotto terra, 455
spietato nel cuore, Ennosigeo che profondo rimbomba
e Zeus, saggia mente, padre degli uomini e degli Dei:
sotto il suo tuono trema l’ampia terra.
Ma il grande Crono inghiottiva i suoi figli,
appena ciascuno dal ventre della sacra madre arrivava alle ginocchia; 460
ciò escogitava affinché nessuno della stirpe di Urano
avesse tra gli immortali l'onore del regno:
egli aveva saputo da Gaia e da Urano stellato
che era per lui destino (per quanto forte egli fosse)
essere vinto da un figlio, per volere divino.465
Per questo vegliava, sempre in sospetto, ed i figli
suoi divorava. E Rea si struggeva di terribile dolore.
Nascita di Zeus (vv. 468-506)
Ma quando ella stava per dare alla luce Zeus,
padre degli uomini e dei numi, chiese ai suoi genitori,
Gaia ed Urano stellato, di darle consiglio,470
perché trovassero il modo di nascondere il parto
del figlio caro e placare le Erinni del padre
e dei figli, inghiottiti da Crono possente, l’astuto.
Costoro la ascoltarono e accolsero la sua richiesta
e le rivelarono quanto era stato stabilito dal Fato475
riguardo a Crono sovrano e a suo figlio dal forte cuore.
E la mandarono a Licto, nel ricco paese di Creta,
affinché desse alla luce il suo ultimo figlio,
Zeus il grande. Gaia prodigiosa lo accolse
nel suolo ampio di Creta, per nutrirlo ed educarlo;480
lo portò con sé durante la notte ombrosa e giunse rapida
dapprima a Licto; e qui lo nascose con le sue mani,
in un antro scosceso, sotto i recessi della buia terra,
sul monte Egeo dalle folte foreste.
Al sommo figlio di Urano, che fu il primo sovrano degli Dei,485
porse una gran pietra avvolta in fasce.
Egli la prese con le sue mani e la trangugiò nel suo ventre,
né gli passò per la mente (sciagurato!) che, al posto
di un sasso, suo figlio fosse rimasto indenne
e che questi lo avrebbe vinto con la forza,490
privandolo del trono e regnando tra i numi immortali.
Presto, la forza e le fulgide membra
del nuovo sovrano crescevano. Con il volgere degli anni,
tratto in inganno dai furbi consigli di Gaia,
il grande Crono dai torti pensieri risputò la sua prole,495
vinto dalle arti e dalla forza del figlio.
Per prima vomitò la pietra che per ultima aveva inghiottita;
e Zeus la fissò nella terra dalle ampie vie,
nella sacra Pito, sotto le valli del Parnaso,
come simbolo sacro, meraviglia per i mortali.500
Poi sciolse dai ceppi i fratelli di suo padre, la stirpe di Urano,
che il padre nella sua follia aveva incatenato.
Essi gli furono sempre grati di tale beneficio
e gli diedero il tuono, l'ardente saetta ed il baleno
che prima Gaia prodigiosa teneva nascosti;505
in questi confida Zeus e comanda i mortali e gli immortali.
I figli di Iapeto (vv. 507-616)
Iapeto, l' oceanina, fanciulla dalle belle caviglie
sposò, Climene, e ascese il suo talamo.
Ed ella generò Atlante dal cuore violento,
partorì l'orgoglioso Menezio, e Prometeo510
versatile e astuto, ed Epimeteo senza senno,
che fu causa del male per gli uomini che mangiano pane:
egli accolse per primo nella sua casa la donna plasmata da Zeus.
Zeus onniveggente spinse nell'Erebo Menezio
il tracotante, scagliando il suo fulmine,515
per via della sua arroganza e della sua forza senza pari.
A causa del duro fato Atlante sostiene la volta del cielo,
al confini della terra, presso le Esperidi dal canto sonoro;
la regge con il capo e le infaticabili braccia:
tale destino per lui stabilì Zeus accorto.520
Egli legò con inestricabili lacci Prometeo mente sottile,
con legami tremendi, spingendo una colonna nel mezzo,
e sopra gli avventò un'aquila dalle ampie ali, che gli sbranava
il fegato immortale, ma questo ricresceva
la notte, quanto il giorno ne aveva sbranato l'uccello dalle ampie ali.525
La uccise il prode figlio di Alcmena dalle belle caviglie,
Eracle, che allontanò dalla sciagura
il figlio di Iapeto e lo liberò dai tormenti;
tutto questo non contro il volere di Zeus signore dell’Olimpo:
questi anzi volle che la gloria di Eracle, stirpe di Tebe,530
fosse maggiore di prima su tutta la terra;
in tal modo onorò l'illustre suo figlio
e, per quanto adirato, abbandonò il rancore che nutriva
contro Prometeo, che aveva gareggiato con lui in astuzia.
Infatti, quando la loro contesa dirimevano gli dèi e i mortali535
a Mekone, [Prometeo], con subdola mente, spartì un bue
dopo averlo diviso, volendo ingannare la mente di Zeus.
Da una parte egli pose le carni e le interiora
ricche di grasso nella pelle del bue, ben coperte nel ventre,
dall’altra dispose ad arte le candide ossa 540
spolpate, nascoste nel bianco grasso.
E allora Zeus, padre degli uomini e degli dei, disse:
“Figlio di Iapeto, illustre fra tutti,
mio caro, con quanta ingiustizia hai fatto le parti!”.
Così disse Zeus che conosce gli eterni consigli;545
E Prometeo dallo scaltro pensiero rispose,
ridendo (e non dimenticava le arti dell’inganno):
“Nobilissimo Zeus, sommo tra i numi immortali,
scegli la tua parte come ti suggerisce il cuore”.
Così disse, tramando l’inganno; ma Zeus che conosce gli eterni consigli550
riconobbe la frode, non gli sfuggì; e nel suo cuore
meditava sciagure contro i mortali e si preparava a porle in essere.
Raccolse il bianco grasso con ambedue le mani,
si adirò nell’animo e l’ira raggiunse il suo cuore,
quando vide le ossa bianche del bue, frutto dell’inganno:555
da qui proviene l’usanza per cui gli uomini bruciano
le ossa bianche sugli altari fragranti per gli immortali.
Molto indignato, così disse Zeus adunatore di nubi:
“Figlio di Iapeto, tu che sei maestro di ogni cosa,
caro amico, non mi sfuggì la tua arte ingannevole”.560
Così disse Zeus irato, il nume dagli eterni consigli,
e da quel giorno, sempre memore della frode,
negò ai frassini la forza del fuoco indomabile
agli uomini mortali che hanno dimora sulla terra.
Ma il prode figlio di Iapeto lo ingannò565
e rubò il bagliore lungisplendente del fuoco indomabile
e lo mise in una cava ferula di nartece. Zeus che tuona dall'alto,
quando vide il bagliore del fuoco che splende da lontano
in mezzo agli uomini, si addolorò nel cuore e il suo animo si adirò:
allora, per vendicarsi, concepì un piano malvagio per gli uomini.570
L’illustre Anfigee (l’ambidestro) plasmò con la terra
l’immagine di una fanciulla virtuosa: così volle il Cronide;
Atena glaucopide la ornò con una cintura e la adornò
con una candida veste, sul capo le pose un velo
ricamato con le sue mani, meraviglia a vedersi;575
sulla sua testa Pallade Atena le pose collane
di fiori, colti dall’erba appena fiorita;
l’illustre Anfigee le pose sulla testa
un diadema d’oro che aveva forgiato per lei
con le sue mani, per far cosa grata a Zeus padre.580
Su di esso aveva scolpito con arte meravigliosa
molte belve terribili, quante ne nutrono la terra e il mare:
tante ne aveva scolpite, magnifiche e di somma
bellezza; sembrava che avessero voce.
Dopo aver creato il male al posto del bene,585
egli condusse la donna dov’erano gli altri, numi e mortali;
ella era abbellita dagli ornamenti di Atena glaucopide
e meraviglia destò tra gli Dei immortali e gli uomini mortali,
quando essi videro la frode funesta, che non dà scampo agli uomini.
Da lei derivò la stirpe delle donne,590
da lei proviene il nefasto genere femminile,
grande sciagura per gli uomini mortali,
poiché non sono compagne della povertà ma del lusso.
Come quando negli ombrosi alveari le api
nutrono i fuchi, che sono compagni di opere malvagie:595
esse per tutto il giorno si affrettano sollecite
e riempiono i candidi favi, sino al tramonto del sole;
i fuchi rimangono dentro gli ombrosi alveari,
raccolgono nel ventre la fatica altrui;
così, a danno degli uomini, Zeus alto tonante600
pose le donne, compagne di opere malvagie;
e un altro male inflisse, al posto di un bene.
Colui che fugge le nozze e le moleste opere delle donne
non si sposa e giunge alla triste vecchiaia
privo di sostegno; nulla gli manca,605
ma alla sua morte i lontani parenti
si divideranno i suoi beni; chi si sposa,
anche se trova una buona moglie, saggia nel cuore,
per tutta la vita bilancia il bene con il male.
Ma chi si imbatte in una schiatta funesta,610
vive tenendo nel petto un dolore incessante,
nel cuore e nell’animo, e non c’è rimedio per il suo male.
Non si può ingannare il volere di Zeus, né ad esso sottrarsi;
neppure Prometeo benefico, figlio di Iapeto,
sfuggì alla sua ira; per quanto scaltro egli fosse,615
egli fu stretto da immense catene.
