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Esiodo

TEOGONIA

​

Parte I

 

(a cura di Daniele Bello)

 

Proemio (vv. 1-103)

​

Cominciamo il canto dalle Muse elicònie,1

che possiedono il grande e divino monte di Elicona

e danzano con i teneri piedi intorno alla fonte scura

e all’altare del possente figlio di Crono;

bagnate le delicate membra nel Permesso,5

nell’Ippocrène o nel divino Olmèo,

esse intrecciavano danze belle e soavi

e si muovevano con piedi veloci.

Da qui levandosi, nascoste da veli di nebbia,

si muovevano di notte, innalzando la loro bella voce, 10

celebrando Zeus egioco ed Era argiva,

la Signora, dagli aurei calzari,

e la figlia di Zeus egioco, Atena glaucopide,

e Febo Apollo, e Artemide saettatrice,

e Poseidone ennosigeo, signore della terra,15

e Temi veneranda, Afrodite dai begli occhi,

Ebe dall’aurea corona, la bella Dione,

Leto, Iapeto e Crono dai torti pensieri,

Eos, Elios il grande e Selene splendente,

Gaia, il grande Oceano e la nera Notte,20

e la sacra stirpe degli altri immortali, che vivono eterni.

Esse una volta insegnarono ad Esiodo un canto bello,

mentre pasceva gli armenti sul divino Elicona;

le Dee rivolsero a me per primo questo discorso, 

le Muse dell’Olimpo, figlie di Zeus egioco:25

“Pastori avvezzi ai campi, mala stirpe, schiavi del ventre,

noi sappiamo dire molte menzogne simili al vero;

ma poi, quando vogliamo, sappiamo narrare anche il vero”.

Così dissero le figlie del grande Zeus, abili nel parlare;

e come scettro mi diedero un ramo d’alloro fiorito,30

dopo averlo staccato, meraviglioso; mi ispirarono

il canto divino, perché cantassi ciò che sarà e ciò che è;

mi dissero di cantare la stirpe degli Dei immortali,

e loro stesse, al principio e alla fine del canto.

Ma perché questi discorsi sulla quercia e sulla roccia?35

Orsù, dalle Muse cominciamo, che rallegrano l’eccelsa mente

di Zeus padre quando intonano i loro inni sull’Olimpo,

e dicono le cose che furono, che sono e che saranno,

con voce concorde; e instancabile scorre dalle loro bocche

la voce soave. Ride la casa del padre Zeus tonante,40

quando si diffonde la voce delicata delle Dee; 

e risuona la vetta nevosa dell’Olimpo,

dimora degli immortali. Ed esse, levando

la divina voce, per prima cantano la stirpe degli Dei

dei primordi, che Gaia ed Urano profondo generarono, 45

e gli Dei che da questi nacquero, dispensatori di beni;

e dopo cantano Zeus, padre degli uomini e degli Dei

che esse celebrano all’inizio e alla fine dei loro canti,

quanto egli sia il più potente e il più forte dei numi;

cantano poi la progenie degli uomini e dei Giganti;50

le Muse Olimpie, figlie di Zeus egioco,

rallegrano così la mente di Zeus sull’Olimpo.

Mnemosine, che regnava sui campi di Eleutere,

le generò nella Pieria, unendosi al Cronide,

perché fossero di consolazione per i mali e tregua per le cure.55

Per nove notti Zeus prudente si unì a lei,

ascendendo il letto sacro all’insaputa dei numi.

Ma quando un anno fu trascorso e si volsero le stagioni,

i mesi si consumarono e molti giorni furono compiuti,

ella partorì nove fanciulle di animo eguale,60

che amano il canto e hanno il cuore privo di affanni,

non molto lontano dai picchi nevosi dell’Olimpo;

qui intrecciano i loro cori, qui hanno dimora,

e presso di loro stanno le Cariti ed Imero,

in festa. Ed esse, levando dalla bocca la voce amabile,65

cantano le leggi universali ed i sacri costumi

dei numi, l’amabile voce elevando.

Fiere della loro voce, esse giunsero all’Olimpo

con l’immortale canto; e la terra nera risuonava

ai loro inni, ed amabile un suono si alzava sotto i loro piedi,70

mentre incedevano verso il padre, che regna in cielo,

signore del tuono e della folgore fiammeggiante,

che con la forza vinse il padre Crono e a ciascuno

degli immortali assegnò equamente e distribuì gli onori.

Questo cantavano le Muse che abitano le dimore olimpie,75

le nove figlie nate dal grande Zeus,

Clio e Euterpe e Talia e Melpomene,

Tersicore e Erato e Polimnia e Urania,

e Calliope, che è la più illustre di tutte.

Ella infatti accompagna ogni onorato sovrano;80

costui venerano le figlie di Zeus il grande,

tra i re allevati dai numi, e lo guardano, quando nasce,

e gli versano sulla lingua una dolce rugiada,

e dalla sua bocca scorrono dolci parole; le genti

lo guardano quando amministra giustizia85

con retti giudizi; quando parla sicuro,

e con sagge parole placa le contese.

Per questo ci sono i re saggi: perché, quando un danno

incombe sui popoli, essi sanno con sagge parole

offrire riparazione, nell’assemblea.90

Se costui va tra le genti, lo rispettano al pari di una divinità,

con dolce reverenza, poiché fra tutti si distingue.

Tale è delle Muse il dono per gli uomini.

Infatti, per volere delle Muse e di Apollo lungisaettante

sulla terra ci sono gli aedi e i citaristi;95

i re esistono per volontà di Zeus. Beato il mortale

caro alle Muse: a lui fiorisce dalle labbra la voce;

se vi è qualcuno che, per gli affanni del cuore,

di cordoglio ha pieno lo spirito, quando un aedo

ministro delle Muse canta le gesta degli uomini antichi100

e gli Dei beati che abitano sede dell’Olimpo,

subito egli dimentica i dolori, né i lutti

rammenta, poiché lo allietano i doni delle Dee.

 

Invocazione delle Muse (vv. 104-115)

 

Salve, o figlie di Zeus, donatemi l'amabile canto;

celebrate la stirpe degli immortali che vivono eterni,105

che nacquero da Gaia, da Urano stellato

e dalla buia Notte; e quelli che furono nutriti da Ponto salmastro.

Ditemi come all’inizio ebbe origine la terra ed i numi,

i fiumi ed il mare che irato si gonfia, infinito,

gli astri splendenti e l'ampio cielo;110

come nacquero gli Dei dispensatori di beni,

come si divisero i beni e si spartirono gli onori,

come  ottennero all’inizio l’Olimpo dai molti recessi.

Ditemi questo, o Muse che avete dimora sull’Olimpo,

chi per primo tra loro venne alla luce in principio.115

 

Gli Dei primigeni (vv. 116-122)

 

Dunque per primo fu il Caos; e dopo 

Gaia dall'ampio petto, sede perenne e sicura di tutti

gli immortali che possiedono la cima nevosa dell’Olimpo,

e Tartaro nebbioso nei recessi della terra dalle ampie vie,

poi Eros, il più bello di tutti gli immortali,120

che rompe le membra e doma nel petto ogni volontà

e ogni saggio consiglio di tutti gli uomini e gli Dei.

 

Notte ed Erebo (vv. 123-125)

 

Dal Caos nacquero Erebo e la nera Notte;

da Notte provennero Etere ed Emera (il Giorno),

che lei concepì unita in amore con Erebo.125

 

I figli di Gaia (vv. 126-132)

 

Gaia per primo generò, simile a sé,

Urano stellato, perché l’avvolgesse tutta

e fosse per gli Dei una sede sicura per sempre;

generò gli alti monti, grato soggiorno per le Ninfe divine,

che hanno dimora nei monti ricchi di anfratti;130

generò Ponto, mare infecondo,

di gonfiore furente, ma senza gioia d'amore.

 

I Titani (vv. 133-138)

 

Poi, giacendo con Urano, generò Oceano dai gorghi profondi,

Ceo, Crio, Iperione, Iapeto, 

Teia, Rea, Temi, Mnemosine, 135

Febe dall’aurea corona e l'amabile Teti;

dopo di loro, il fortissimo Crono dai torti pensieri venne alla luce,

il più tremendo dei figli, che ardeva di odio contro il padre.

 

I Ciclopi (vv. 139-146)

 

Generò poi i Ciclopi dal cuore superbo,

Bronte, Sterope ed Arge dal cuore violento:140

essi donarono a Zeus il tuono, forgiarono la folgore. 

Essi erano in tutto simili agli Dei,

ma avevano solamente un occhio in mezzo alla fronte:

essi ebbero quindi il nome di Ciclopi, perché 

un solo occhio rotondo avevano nella fronte;145

avevano una forza immane e perizia nelle opere.

 

Gli Ecatonchiri (vv. 147-153)

 

Da Gaia ed Urano nacquero altri tre figli,

grandi e forti, che nessuno osa nominare:

Cotto, Briareo e Gige, prole tracotante;

cento mani protendevano dalle loro spalle, 150

terribili; cinquanta teste crescevano a ciascuno

dalle spalle, sulle membra massicce;

forza terribile e grande si aggiungeva all’orrido aspetto.

 

Crono evira il padre Urano (vv. 154-181)

 

Ma quanti erano nati da Gaia e da Urano,

i più tremendi dei figli, vennero presi in odio dal padre155

sin dall'inizio, e appena uno di loro nasceva,

lo nascondeva, e non lo lasciava venire alla luce,

nel seno di Gaia. E godeva del suo piano malvagio

Urano. E Gaia dentro gemeva, poiché era troppo gravata; 

così escogitò un piano ingannevole e malvagio. 160

Creata l’essenza del livido adamante, 

fabbricò una grande falce, poi si rivolse ai suoi figli,

con animo audace, ma afflitta nel cuore:

“Figli da me generati con un padre scellerato,

se volete obbedirmi potremo vendicare l’oltraggio del genitore,165

lui che per primo rivolse il pensiero a vostro danno”.

Così disse; ma tutti erano terrorizzati, né alcuno

parlò. Preso coraggio, il grande Crono dai torti pensieri

rispose con queste parole alla madre illustre:

“Madre, io ti prometto di compiere l’impresa;170

non mi importa di un padre esecrabile,

poiché egli per primo compì opere infami”.

Così disse: e molto gioì nel cuore Gaia prodigiosa,

e lo pose nascosto in agguato; gli mise in mano

la falce dai denti aguzzi e ordì l’inganno.175

E venne il grande Urano, portando la notte, e desideroso 

di amore si avvicinò a Gaia e si stese tutto quanto

su di lei; ma il figlio in agguato si sporse con la mano

sinistra, con la destra impugnò la terribile falce

dai denti aguzzi e con forza tagliò180

i genitali del padre, gettandoli via.

 

Erinni, Giganti, Meliadi (vv. 182-187)

 

Ma essi non fuggirono invano dalla sua mano;

Gaia accolse tutte le gocce di sangue

che sprizzarono cruente; con il volgere degli anni,

generò le potenti Erinni e i grandi Giganti,185

dalle armi splendenti, che lunghi dardi tengono in mano,

e le Ninfe chiamate Meliadi sulla terra infinita.

 

Afrodite (vv. 188-206)

 

Come ebbe tagliato i genitali con l’adamante, 

dalla terra li gettò nel mare agitato.

Così per lungo tempo furono portati al largo; 190

ed intorno all’immortale membro sorse una bianca schiuma

e da essa nacque una fanciulla: dapprima giunse a Citera divina,

poi arrivò a Cipro lambita dai flutti:

lì approdò la Dea veneranda e bella

e l’erba nasceva sotto i suoi morbidi piedi; gli uomini195

e gli Dei la chiamano Afrodite, Citerea dalle belle corone 

e Afrogenea(perché nacque nella schiuma;

la chiamano Citerea, perché approdò a Citera;

oppure Ciprogenea, perché nacque a Cipro;

ovvero Filommedea perché nacque dai genitali.200

Eros l’accompagna e Imero il bello la segue,

da quando appena nata andò dalla stirpe degli Dei.

Sin dal principio ella ebbe tale sorte e tale onore,

come destino tra gli uomini e gli Dei immortali:

le chiacchiere delle fanciulle, i sorrisi e gli inganni,205

il dolce piacere, l’affetto soave.

 

Urano maledice i suoi figli (vv. 207-210)

 

Costoro, per odio, il padre li chiamò Titani,

il grande Urano, i figli da lui stesso generati: 

e diceva che tendendo tracotanti le braccia avevano compiuto un grande

misfatto, di cui un giorno avrebbero dovuto pagare il fio.210

 

I figli di Notte (vv. 211-225)

 

Notte partorì l’odioso Moros e la scura Ker,

e Thanatos (la Morte), Ipnos (il Sonno) e la stirpe dei Sogni

 (non giacendo con alcuno li generò la buia Notte),

per secondo poi Momo e la Sventura dolorosa,

le Esperidi che, al di là dell'immenso Oceano, si prendono 215

cura delle mele d’oro e degli alberi che ne portano il frutto;

generò le Moire e le Kere, che infliggono le pene:

Cloto, Lachesi e Atropo, che ai mortali

assegnano sin dalla nascita il bene e il male,

ed infliggono le pene agli uomini e agli Dei. 220

Né mai le Dee placano la loro terribile ira,

prima di avere inflitto la pena a chi ha peccato.

E generò anche Nemesi, sciagura per i mortali;

la tetra Notte, e dopo di lei l'Inganno, l'Amicizia,

la Vecchiaia rovinosa, Eris dal cuore violento.225

 

I figli di Eris (vv. 226-232)

 

Poi l’odiosa Eris generò la Pena dolente,

l'Oblio, la Fame, i Dolori che muovono al pianto,

le Guerre, le Battaglie, i Delitti e gli Omicidi,

la Discordia, gli Inganni, i Discorsi retti e quelli ambigui,

l’Anarchia e Ate (l’Errore), che vanno congiunte tra loro,230

il Giuramento, che reca sciagura alle genti della grande terra

quando uno di loro non rispetta la parola data.

 

I figli di Ponto (vv. 233-239)

 

Ponto generò Nereo, sincero e verace,

il più anziano tra i figli. Lo chiamano il vecchio,

perché non inganna, è benigno,235

ha sempre nell'animo la giustizia ed i miti consigli.

Poi si unì Gaia e generò Taumante il grande, 

Forci, Ceto dalle belle guance, 

Euribia, che nel suo petto ha un cuore di adamante.

 

Le Nereidi (vv. 240-264)

 

Nel mare infecondo, da Nereo e Doride dalle belle chiome240

(figlia di Oceano, il fiume eccelso)

nacquero delle figlie, invidia per altre Dee:

Protho, Eucrante, Sao e Anfitrite,

Eudore, Tetide, Galene e Glauce,

Cimotoe, Speio veloce e l’amabile Talie, 245

Pasitea, Erato, Eunice dalle braccia di rosa,

Melite graziosa, Eulimene, Agave,

Doto e Proto e Ferusa e Dinamene,

Nesea, Actea e Protomedea,

Doride, Panope e Galatea la bella,250

Ippotoe l’amabile e Ipponoe dalle braccia di rosa,

Cimodoce che placa facilmente i flutti

del mare nebbioso, insieme a Cimatoleghe

e ad Anfitrite dalle belle caviglie;

e poi Cimo, Eione, Alimede dalla bella corona,255

Glauconome amica del riso e Pontoporea,

Leagora, Evagora e Laomedea,

Pulinoe, Autonoe e Lisianassa,

Evarne di natura amabile e dalla figura perfetta,

Psamate dal corpo grazioso e la divina Menippe,260

Neso, Eupompe, Temisto, Pronoe

e Nemerte, che ha il cuore simile al suo padre immortale.

Queste sono le cinquanta valenti figlie 

di Nereo, immune da biasimo.

I figli di Taumante e di Elettra (vv. 265-269)

Taumante sposò Elettra, la figlia di Oceano265

dai gorghi profondi; questa generò la veloce Iride

e le Arpie dalle belle chiome, Aello e Ocipete,

che seguono il soffio dei venti e gli uccelli in volo,

con ali veloci, librandosi in alto.

 

I figli di Ceto e di Forci (vv. 270-286)

 

Ceto partorì a Forci le Graie dalle belle guance,270

vecchie sin dalla nascita; gli Dei immortali 

e gli uomini che si muovono sulla terra le chiamano Graie,

Pemfredo dal bel peplo ed Enio dal peplo di croco;

e le Gorgoni, che hanno dimora al di là del famoso Oceano,

verso la Notte, agli estremi confini, dove sono le Esperidi 275

dalla voce acuta: Stenno, Euriale e Medusa dal triste destino;

le prime due erano immortali e sempre giovani,

mentre l’ultima era mortale: con lei si unì, su un morbido prato 

tra i fiori di primavera, il nume dalla chioma azzurrina.

E quando Perseo le recise la testa dal collo,280

balzò fuori Crisaore il grande e Pegaso. 

Tale fu la causa del loro nome, poiché questi nacque presso

le sorgenti di Oceano, mentre quello aveva un’aurea spada tra le mani.

Quindi volò, lasciando la terra madre di greggi,

giunse tra gli immortali, nella dimora di Zeus,285

portando al prudente nume il tuono e la folgore.

 

I figli di Calliroe (vv. 287-305)

 

Crisaore si unì con Calliroe, figlia di Oceano,

e generò il tricefalo Gerione.

Questi fu ucciso dal forte Eracle,

in Eritea battuta dai flutti, vicino ai buoi dal torto piede,290

proprio il giorno in cui, dopo avere attraversato l’Oceano,

egli condusse i buoi dalla larga fronte verso Tirinto la sacra.

Uccise Orto e il custode Eurizione, 

nella stalla oscura, al di là dal famoso Oceano.

Costei generò un altro mostro invincibile, per nulla295

simile agli uomini o agli Dei immortali,

nel cavo di una gotta: la divina Echidna dal cuore violento,

metà fanciulla dagli occhi splendenti e dalle belle guance,

per metà serpente, terribile e grande,

astuto e crudele, al di sotto dei recessi della terra.300

Ha dimora in una spelonca, sotto la roccia concava, 

lontano dagli Dei immortali e dagli uomini mortali: 

le imposero i numi di riparare in quell'illustre dimora.

Sta nel paese degli Arimi, sotto terra, la lacrimevole Echidna, 

la ninfa che non invecchia e che non muore.305

 

La stirpe di Tifone e di Echidna (vv. 306-332)

 

Dicono che Tifone, terribile, iniquo e violento,

si unì in amore con la fanciulla dagli occhi splendenti

e lei concepì e partorì figli dal cuore violento:

dapprima per Gerione generò il cane Orto;

poi partorì un mostro terribile, più di ogni dire,310

Cerbero crudele dalla voce di bronzo, il cane di Ade, 

implacabile e forte, con cinquanta teste;

per terza generò l’Idra di Lerna, che conosce le lacrime,

nutrita da Era dalle bianche braccia,

che ardeva di ira mai sazia conto il forte Eracle.315

Il figlio di Zeus, l’Anfitrionide Eracle 

assieme al suo prediletto Iolao la trafisse 

con il bronzo spietato, per volontà di Atena predatrice.

Costei partorì Chimera, che spira fuoco invincibile,

immane e terribile, veloce e forte;320

tre teste aveva: la prima di leone dagli occhi ardenti,

l’altra di capra, la terza di serpe, di drago possente:

davanti era leone, di dietro era drago, nel mezzo capra,

spirava tremendo ardore di fiamme brucianti;

il prode Bellerofonte e Pegaso la uccisero. 325

Giacendo con Orto, costei diede alla luce la Sfinge funesta

che sterminava le genti di Cadmo e il leone di Nemea:

questi venne nutrito da Era, la nobile sposa di Zeus, 

che lo mandò nei campi Nemei, come castigo per i mortali:

qui dimorava e distruggeva le schiere degli uomini,330

che dominavano Treto, Nemea e Apesanto;

ma il vigore di Eracle lo abbattè.

 

L’ultimo figlio di Ceto e Forci (vv. 333-336)

 

Ceto, unita in amore con Forci,

come ultimo figlio generò un orrido serpente, che nei recessi

bui della terra custodisce con le sue grandi spire le mele d’oro.335

Tale è la stirpe di Forci e Ceto.

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