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Episodio Terzo

 

​

Dalla reggia esce Giocasta, seguita da ancelle che portano fiori e cassette di aromi

 

Giocasta: Nobili signori, ho pensato bene di portare questi fiori e questi aromi sugli altari degli dèi. Edipo si tormenta troppo con angosce e dolori; non giudica il presente dal passato, come fa un uomo con la mente lucida, ma si fa condizionare dall’ultimo che passa, basta che parli di orrori e paure. Ora, siccome non ottengo nulla con i miei consigli, vengo a supplicarti, Apollo Licio, che dimori vicino alla mia casa, con questi doni. Liberaci tu dal male e facci avere notizie liete, perché tutti tremiamo nel vedere smarrito l’uomo che per noi è il nocchiero della nave.

 

Giocasta arde incensi sull'ara. Giunge un messo da Corinto, che si rivolge al Coro

 

Messo da Corinto: Amici, chi di voi saprebbe dirmi dov’è la casa del sovrano Edipo? E il sovrano, dov'è? Sapete dirmelo?

 

Corifeo: Questa è la reggia; ed il sovrano si trova in casa. Qui c’è la sposa e madre dei suoi figli.

 

Messo da Corinto: Felice sia la sposa e tra gente felice, ora e sempre.

 

Giocasta: Auguro lo stesso a te, forestiero. Te lo meriti, visto il saluto che mi fai. Che cosa vieni a chiedere? Che notizie porti?

 

Messo da Corinto: Buone notizie, mia signora, per la reggia e per il tuo sposo!

 

Giocasta: Quali sono queste notizie? Da dove vieni?

 

Messo da Corinto: Da Corinto. La notizia che sto per dare porterà allo stesso tempo letizia e dolore.

 

Giocasta: E quale evento può avere questo duplice potere?

 

Messo da Corinto: Gli abitanti dell'Istmo eleggeranno Edipo loro re: così ho sentito dire.

 

Giocasta: Come mai? Non regna più il vecchio Polibo?

 

Messo da Corinto: Non più. È morto ed è stato seppellito.

 

Giocasta: Come hai detto? È morto veramente?

 

Messo da Corinto: Che io possa morire, se dico il falso.

 

Giocasta: Ancella, non ti affretti a riferire tutto al tuo padrone? Oracoli divini, dove siete? Da lungo tempo Edipo fuggiva per paura di uccidere quell’uomo e adesso lui è morto; ma di morte naturale, non è stato ucciso!

 

L’ancella entra di fretta nella reggia; esce Edipo

 

Edipo: Giocasta, sposa diletta, perché mi hai mandato a chiamare?

 

Giocasta: Ascolta quest'uomo e vedi quanto valgono i venerandi oracoli del nume!

 

Edipo: Chi è costui? Quali notizie porta?

 

Giocasta: Viene da Corinto per annunciare che tuo padre Polibo non c’è più; è morto.

 

Edipo: Che cosa? Straniero, dimmelo tu stesso.

 

Messo da Corinto: Se vuoi che te lo dica subito e con chiarezza, sappi che quell’uomo è morto.

 

Edipo: Per una morte violenta o naturale?

 

Messo da Corinto: Ai vecchi basta un soffio per farli addormentare.

 

Edipo: Il pover’uomo fu consumato da un male?

 

Messo da Corinto: E dagli anni: ne aveva molti.

 

Edipo: Basta così. Giocasta, perché dovremmo preoccuparci dell’oracolo di Delfi e dello schiamazzo degli uccelli nel cielo? A sentirli, dovevo trucidarlo io il mio vecchio genitore. Ed ecco che lui è morto e giace sottoterra. Io sono qui, non ho un’arma tra le mani, a meno che non sia morto per la nostalgia di me. In tal caso potrei dire di averlo ucciso. Ma ora Polibo giace nell'Ade, portandosi via le profezie che non contano nulla.

 

Giocasta: E io non lo dicevo da tanto tempo?

 

Edipo: É vero! Ma ero sviato dal terrore!

 

Giocasta: Non devi pensarci più!

 

Edipo: Non devo temere il letto di mia madre?

 

Giocasta: Perché dovrebbe avere timore l’uomo che è in balia della sorte e non può prevedere il futuro? La cosa migliore è vivere alla giornata. Non avere paura delle nozze materne! Molti dei mortali in sogno hanno dormito con la loro madre. Vive tranquillo chi non presta fede a queste sciocchezze.

 

Edipo: Avresti tutte le ragioni se non vivesse ancora la donna che mi ha dato alla luce. Ma siccome lei vive ancora, io ho ancora paura (anche se tu ragioni bene).

 

Giocasta: Però, la morte di tuo padre è un gran sollievo!

 

Edipo: Grande, lo riconosco. Ma mi spaventa sapere che quella donna è viva.

 

Messo da Corinto: Qual è la donna che vi spaventa tanto?

 

Edipo: Merope, vecchio: era la moglie di Polibo.

 

Messo da Corinto: Cosa vi spaventava di lei?

 

Edipo: Un orrendo responso degli dèi.

 

Messo da Corinto: Si può dire? O nessuno deve saperlo?

 

Edipo: Certo che si può. Apollo Lossia predisse che io ero destinato a congiungermi con mia madre e a versare con le mie mani il sangue di mio padre. Per questo, da lungo tempo ormai rimango lontano da Corinto. E ne sono felice, per quanto sia dolce vedere i propri genitori.

 

Messo da Corinto: E per questo motivo te ne sei andato in esilio da Corinto?

 

Edipo: Certo! Per non uccidere mio padre.

 

Messo da Corinto: Posso liberarti da questa paura, o re? Non ti sono forse amico?

 

Edipo: Otterresti una degna ricompensa.

 

Messo da Corinto: Sono venuto con la speranza che tu tornassi in patria, per stare meglio anche io.

 

Edipo: Non tornerò più da mia madre.

 

Messo da Corinto: Non sai quel che fai, figliolo! È chiaro!

 

Edipo: Cosa dici? Spiegati, in nome degli dèi.

 

Messo da Corinto: Per questo tu non vuoi tornare in patria?

 

Edipo: Temo che si avveri l’oracolo di Febo!

 

Messo da Corinto: Per evitare di macchiarti con i consanguinei?

 

Edipo: Sì, vecchio: è sempre stato questo il mio terrore.

 

Messo da Corinto: Ma allora tu sbagli a tremare!

 

Edipo: Ma come? Non sono loro figlio?

 

Messo da Corinto: Polibo non era nulla, per te.

 

Edipo: Che dici? Non era mio padre, Polibo?

 

Messo da Corinto: Quanto lo posso essere io: né più né meno.

 

Edipo: Sono la stessa cosa il padre ed un estraneo?

 

Messo da Corinto: Né io né lui ti abbiamo dato la vita!

 

Edipo: E perché allora mi chiamava figlio suo?

 

Messo da Corinto: Ti ebbe in dono da queste mani; sappilo.

 

Edipo: Ebbe tanto amore per il dono di un altro?

 

Messo da Corinto: Non aveva figli. E questo lo ha spinto a volerti bene.

 

Edipo: E tu mi avevi trovato o comprato?

 

Messo da Corinto: Ti avevo ritrovato tra le vallate del Citerone.

 

Edipo: Come mai ti trovavi da quelle parti?

 

Messo da Corinto: Pascolavo le greggi sui monti.

 

Edipo: Eri un pastore errante, lo facevi per lavoro?

 

Messo da Corinto: Ero un pastore; e il tuo salvatore, figliolo.

 

Edipo: Come mi hai trovato? Tra miserie e dolori?

 

Messo da Corinto: Lo raccontano le giunture dei tuoi piedi.

 

Edipo: Perché mi racconti l'antico male?

 

Messo da Corinto: Ti ho visto e ti ho sciolto io le caviglie perforate.

 

Edipo: Ho avuto questo marchio d’infamia sin da quando ero in fasce.

 

Messo da Corinto: E il tuo nome viene da questa sciagura: Edipo (piedi deformi).

 

Edipo: Dimmi... fu mio padre o mia madre a darmi via?

 

Messo da Corinto: Non lo so: lo saprà sicuramente l’uomo che ti diede a me.

 

Edipo: Come dici? Un altro? Non mi avevi trovato tu?

 

Messo da Corinto: No! Un altro pastore ti ha dato a me.

 

Edipo: Chi era? Come si chiama? Puoi dirmelo?

 

Messo da Corinto: Dicevano che era un servo di Laio.

 

Edipo: L’antico signore di questa terra?

 

Messo da Corinto: Proprio lui! Era un suo mandriano.

 

Edipo: È ancora vivo? Posso vederlo?

 

Messo da Corinto (al Coro): Voi che siete di questa terra lo saprete di sicuro.

 

Edipo: C’è qualcuno tra i presenti che conosce il pastore di cui si parla? Qualcuno che l’abbia visto per i campi o qui fra noi? Parlate ora, perché e tempo di fare luce su questi eventi!

 

Corifeo: Io credo che sia proprio quell’uomo che volevi vedere già da prima. Te lo potrà dire Giocasta, meglio di chiunque altro.

 

Edipo: Giocasta, pensi anche tu che l’uomo di cui si parla sia lo stesso che abbiamo mandato a chiamare?

 

Giocasta: Perché lo vuoi sapere? Non badarci. Perché ricordare queste chiacchiere inutili?

 

Edipo: Non sia mai che, dopo avere scoperto tali indizi, io rinunci a vedere chiaro sulle mie origini.

 

Giocasta: In nome degli dèi, non fare questa ricerca, sei hai cara la tua vita! Basta l’angoscia che mi porto dentro!

 

Edipo: Stai tranquilla! Tu resterai sempre nobile, anche se io fossi servo da tre generazioni.

 

Giocasta: Dammi ascolto, ti prego! Non lo fare!

 

Edipo: Nessuno può convincermi a non veder chiaro in tutto ciò.

 

Giocasta: So quel che dico! Parlo per il tuo bene.

 

Edipo: Questo volere il mio bene mi affligge.

 

Giocasta: Sventurato! Che tu non sappia mai chi sei!

 

Edipo: Insomma, qualcuno mi vada a chiamare quel pastore! Lasciatela perdere, lei e la sua nobiltà.

 

Giocasta: Sciagurato, sciagurato! Posso dirti questo soltanto e nulla più.

 

Giocasta entra correndo nella reggia

 

Corifeo: Edipo, perché la tua donna è fuggita, in preda a tanta angoscia? Temo che dopo questo silenzio ci sarà qualcosa di tremendo.

 

Edipo: Sarà quel che sarà! Ma io voglio conoscere le mie origini: anche se non sono illustri. Come ogni donna, lei è ambiziosa e forse si vergogna dei miei bassi natali. Ma io non mi sento disonorato, per questo: mi sento figlio della Fortuna, che mi è stata propizia. È lei la mia vera madre. Il tempo mi è stato compagno e, da piccolo che ero, mi ha reso grande. Perché non dovrei fare luce sul mistero della mia nascita? Ormai sono quello che sono, non potrei diventare altro.

 

Edipo entra nella reggia

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